Andrew Loomis – Il Colore III Parte

Oggi continuiamo  ad esaminare il capitolo sul colore, tratto dal libro “Andrew Loomis – Creative Illustration“, arricchito con delle considerazioni personali.

Le persone meno esperte tendono a comprare una miriade di colori diversi, usando quanti più colori possibili in un dipinto, con l’erronea convinzione, che più colori ci sono in un dipinto e meglio è. La realtà, invece, è che i più bei dipinti della storia, sono il risultato di una scelta consapevole di un numero limitato di colori. La cosa che è da ricordare è che noi produciamo colori differenti mediante l’atto del miscelare il colore, quindi per sintesi sottrattiva e non additiva. Questo significa che, più colori diversi introduciamo in una miscela, più perdiamo la purezza e brillantezza del colore, arrivando ad un grigio indefinito.

Invece di pensare al colore come un qualcosa limitato ai 6 colori fondamentali ( i 3 primari e i 3 secondari), bisogna immaginare questi 6 colori fondamentali, come i capi di 6 grandi famiglie. Tutti i colori ricadono in uno di questi gruppi. Spesso vengono usati nomi particolari per identificare un preciso colore,  nomi che richiamano un qualcosa che è di colore simile al colore che stiamo acquistando. L’utilizzo di questi nomi per identificare un colore però genera confusione e non è di molto aiuto. Il colore, per quanto concerne, dal punto di vista di un artista è soltanto il risultato di una miscelazione in percentuali diverse di rosso,blu,giallo,bianco e nero.

La cosa da precisare è che noi possiamo considerare come primari QUALSIASI blu, rosso e giallo, e ottenere dei risultati apprezzabili. E’ stato deciso di usare la versione più satura del blu, rosso e giallo, per non perdere di brillantezza nel caso il dipinto o l’illustrazione debba essere sottoposto a riproduzione in stampa. Per garantire consistenza nel risultato della stampa allora è stato deciso di standardizzare i colori primari, che sarebbero quelli che conosciamo noi oggi.

Per avere una tavolozza completa, si utilizza una versione calda e una versione fredda di ogni colore primario, in modo da poter ottenere tutte le tinte possibili. Per caldo e freddo (do una definizione molto grossolana) stiamo ad indicare che il colore tende o più verso il lato del rosso, sulla ruota cromatica, o più verso il lato del blu. Esempio di tavolozza contenente una versione calda e fredda dei primari:

Giallo:

  • (Caldo) Giallo Cadmio – tendente verso l’arancione
  • (Freddo) Giallo Cadmio Limone – tendente verso il verde

Blu:

  • (Caldo) Blu Cobalto – tendente al verde
  • (Freddo) Blu Oltremare – tendente al violetto

Rosso:

  • (Caldo) Rosso cadmio – tendente all’arancione
  • (Freddo) Cremisi di alizarina – tendente al blu

La cosa che voglio evidenziare è che non si può rendere un soggetto “colorato” usando tutti i colori della ruota cromatica. Il colore è un gioco di proporzioni. Abbiamo bisogno dei grigi per permettere al colore di esaltare. Ogni zona “grigia” deve essere accuratamente pianificata. Se non lo si fa, e si usano una moltitudine di colori puri, il risultato sarà un dipinto in cui ogni colore grida in cerca di attenzione. In questo modo scompare del tutto il centro di interesse del quadro, e ogni area si vedrà sottratta brillantezza.

In natura il colore è raramente unico e piatto, ma bensì è ricco di variazioni, in temperatura e nel pattern in cui si manifesta. Il cielo non è di un solo blu in ogni punto.

L’eleganza del colore risiede nelle variazioni di caldo e freddo, nei colori smorti vicino a colori puri e brillanti. Questo non significa però usare una grande quantità di tubetti di colori diversi, ma bensì, semplicemente la modulazione del colore che stiamo usando, rendendolo a volte caldo e a volte freddo.

I grigi e colori più smorzati, con qualche sprazzo di colore puro per riaccendere la vitalità del quadro, sono indice di buon gusto.

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